Ci sono autori che quando sviluppano un gioco lasciano il segno non tanto per la qualità ludica del gioco in generale, ma per quello che riescono a trasmettere al giocatore. Uno di questi è senza alcun’ombra di dubbio Fumito Ueda.
Per chi non lo conoscesse, il designer era a capo del Team ICO di Sony, già responsabile appunto di ICO e dell’altrettanto bello Shadow of the Colossus. Purtroppo, lo scotto da pagare per avere la qualità artistica dei titoli sopracitati talvolta è davvero alto, e nel caso delle opere di Ueda, si tratta del tempo. Ci sono voluti infatti circa dieci anni di attesa per poter mettere le mani su The Last Guardian: ne sarà valsa la pena?
RITORNO ALLE TERRE PROEBITE
Come nelle precedenti opere del maestro Ueda, si percepisce che il gioco è ambientato nello stesso universo narrativo degli altri due titoli del team. La vicenda si apre con una meravigliosa musica di sottofondo, mentre sullo schermo scorrono illustrazioni di animali mitologici e non. Quindi parte la voce narrante di un uomo che ci racconterà la storia che andremo ad animare con le nostre azioni: Il bambino (nostro alter ego nell’avventura) si sveglia vicino ad un enorme animale metà felino e metà uccello appartenente alla specie dei “trico”, denominate “bestie mangia uomini” dalle popolazioni che abitano questo mondo. L’animale è ferito, e nonostante si tratti di una belva pericolosa, il bambino decide di aiutarlo dandogli del cibo ed estraendo dei giavellotti dal suo corpo. Così facendo l’essere comincia a fidarsi di noi, ed ha inizio una meravigliosa favola alla scoperta di chi sia il bambino e perché i due si trovino lì.
DUE CUCCIOLI, UN’AVVENTURA TITANICA
Nel gioco noi controlliamo il ragazzino, di cui non conosciamo il nome. Le azioni a nostra disposizione non sono molte: possiamo muoverci, saltare, spingere e raccogliere oggetti ed arrampicarci. Dovremo avvalerci delle abilità appena descritte per risolvere una lunga serie di enigmi ambientali in modo da riuscire a raggiungere la torre più alta all’interno della fortezza in cui siamo bloccati. Come già detto però, non saremo da soli nell’impresa. Esattamente come succedeva tra Ico e Iorda nel primo gioco del team, l’interazione tra il bimbo e Trico (è così che chiameremo l’animale) sarà complementare e fondamentale per l’esito della vicenda. Trico è indispensabile per raggiungere, ad esempio, posti sopraelevati o molto distanti grazie ai suoi balzi, mentre il bambino potrà infilarsi laddove l’enorme quadrupede non può entrare, azionando meccanismi di vario genere, oltre che liberarsi di alcuni misteriosi sigilli magici che sembrano intimorire il cucciolone. La cosa più straordinaria di The Last Guardian però, è proprio il metodo di interazione tra i due protagonisti. Infatti far compiere le azioni che desideriamo a Trico è un operazione affatto banale. Non saremo noi infatti a manovrarlo direttamente. Quello che possiamo fare è indicargli quando saltare, dove muoversi e spostarsi, dopodiché sarà la complessa l’intelligenza artificiale sviluppata dai programmatori a fare il resto. Trico è assolutamente autonomo, tanto che anche la velocità e l’efficacia della reazioni dell’animale ai nostri comandi saranno influenzate in base al legame tra i due personaggi. Questo infatti, prendendoci cura di lui, aumenta durante lo svolgimento del gioco. Ed è proprio su questo legame che il titolo fa perno per coinvolgerci emotivamente. Trico è vivo. Dopo poche ore di gioco è impossibile non considerarlo tale. Ciò non è dovuto esclusivamente dalla sua realizzazione tecnica che ha dell’incredibile: Il piumaggio, l’espressività (se pensate che per realizzare gli occhi si siano accontentati di usare una texture vi sbagliate di grosso), e i comportamenti assolutamente credibili sono solo la punta di un iceberg. Il apporto tra lui e noi rappresenta il fulcro stesso del gioco.
Naturalmente gli enigmi non sono l’unico ostacolo da affrontare nel corso dell’avventura. Di tanto in tanto avremo a che fare con delle armature misteriose che attaccheranno Trico e cercheranno di trasportare noi all’interno di alcune porte. Se questo avviene, dovremo riprendere dal “check point” più vicino. Per sconfiggere i nemici noi non potremo far molto se non scappare ed aiutare il nostro amico ad abbatterli spintonandoli o infierire su di loro quando sono a terra. Azioni possibili ma comunque accessorie, in quanto il compito di abbattere le minacce è completamente delegato a Trico.
Ci sarebbero alcuni altri dettagli da illustrare a proposito delle meccaniche di gioco ma, credetemi, sarebbe un peccato togliervi il piacere di scoprirlo da voi.
Cuore e tecnica
Come accennato prima parlando di Trico, la realizzazione tecnica di The Last Guardian è eccezionale. A parte tutto quello che concerne il mastodontico animale che, ripeto, è assolutamente vivo: le architetture, gli effetti di luce e l’aspetto grafico in generale sono un trionfo di stile e bellezza. A voler fare i pignoli, alcuni elementi del gioco, in particolare le collisioni tra il bimbo e Trico, risentono un po’ del travagliato sviluppo passato da una piattaforma all’altra nei dieci anni di gestazione, ma si tratta assolutamente di problemi marginali che in nessun modo danneggiano l’esperienza complessiva. Così come non comporta nessun reale problema la tanto criticata, in sede di anteprime, telecamera che tutto sommato fa il suo. Non si tratta certamente di un gioco frenetico, dunque per non avere problemi nelle inquadrature basterà semplicemente posizionarla nel modo giusto quando serve.
Il comparto sonoro, come ci ha abituato Ueda, si compone per lo più di silenzi ed effetti sonori che descrivono perfettamente il meraviglioso paesaggio nel quale siamo immersi, con alcuni temi che sottolineano determinate situazioni. I versi di Trico sono realistici e molto vari, così come quelli del nostro avatar che conta diverse espressioni per le stesse parole, non risultando quindi ripetitivo o innaturale nemmeno quando ci troviamo a dare più volte di fila il medesimo comando.
The Last Guardian unisce in qualche modo il meglio di ICO e Shadow of the Colossus dando vita ad un’altra stupefacente avventura partorita dalla fantasia di Ueda che sembra non aver esaurito la sua voglia di emozionare il giocatore attraverso storie narrate con le immagini prima che con le parole. Se avete amato i primi due titoli del team giapponese, non potete lasciarvi scappare questo ennesimo capolavoro. Se invece non avete mai avuto la gioia di immergervi nei suoi predecessori spirituali, non dovreste farvi sfuggire l’occasione di fare ammenda giocando questo.