Super Mario Odyssey

Parlando di Super Mario Odyssey è inutile scrivere una recensione. Non c’è bisogno di descrivere il gioco perché tutti conoscono la grammatica ludica di Super Mario e dei platform in generale: È lui che da oltre trent’anni la scrive, la modifica e la stravolge. E nonostante i macroscopici cambiamenti che apporta ogni volta, è sempre lui, è sempre Mario, e basta un attimo per rendersene conto.

Super Mario Odyssey è proprio così: una grossa torta di compleanno (o forse in questo caso sarebbe meglio dire “di nozze”) impastata con gli ingredienti migliori di tre decenni di videogiochi che hanno impostato le regole del gameplay di tutta l’industria. Ingredienti amalgamati saggiamente, con attenzione, perizia e grande passione. Inoltre, il tutto è poi (come sempre) guarnito con una glassa totalmente nuova (Cappy), che va a creare, un’altra volta, una specialità mai vista prima; dal gusto inedito, ma nel quale ogni singolo ingrediente si riconosce sul palato. Lo chef è costantemente una Nintendo in gran forma che non ha paura di rischiare e sperimentare per portarsi a casa, ancora una volta, molto più di un primo posto. Nintendo ogni volta alza quell’asticella ideologica, quel metro di paragone con cui alla fine è inutile, tutti dovranno andare a confrontarsi. Dopo oltre tre decadi, è palese che Mario non ha mai smesso di evolversi. Idee splendide si sprecano in ogni singolo platform a lui dedicato. Idee che magari vengono appena accennate, mentre il 99% dei giochi sul mercato, di una sola di quelle meccaniche ne farebbero il fulcro di tutto. Idee brillanti che da un capitolo all’altro vengono buttate come nulla fosse per far spazio ad altre nuove e poi ritornare dopo anni con la stessa freschezza di quel che non si è mai visto e la nonchalance di chi è sempre stato lì.

Questo è Super Mario Odyssey: un gioco completamente nuovo, ma che ti fa sentire a casa appena prendi in mano il controller. Un gioco inedito, ma che in fondo conosci già. Un gioco che sai essere Mario – spruzza Mariosità da ogni pixel – ma poi ti stupisce sempre perché quella cosa proprio non te l’aspettavi! Nemmeno questa è una novità, perché ormai Nintendo fa così da anni. Eppure, ogni meravigliosa volta, i suoi giochi sono diversi nonostante siano sempre riconoscibili e fedeli a loro stessi.
Quindi perché dovrei descrivervi Super Mario Odyssey? Dai trailers si è visto già abbastanza. Il canovaccio è sempre quello: Bowser rapisce Peach, Mario va a salvarla.

Qualche anno fa fu lo Splac 3000 a fare da corredo, poi fu il turno degli sfavillotti e la gravità, i costumi da ape, da gatto, i nuovi poteri. Tutte cose che non cambiano solo l’abito al nostro italico beniamino, ma che ogni volta aggiungono qualcosa, ed è sempre qualcosa di differente. Mario Ape non vola o si manovra nella stessa maniera di Mario con il mantello di Super Mario World, e Mario procione in aria si comporta ancora diversamente del Mario che indossa il cappello con le ali di Mario 64. Oggi possiamo lanciare Cappy, ed anche questa meccanica richiede molto di più del premere un pulsante o dare un colpo di Joy-Con. Una piccola aggiunta che cambia tutto all’interno di quella struttura che è sempre la stessa. C’è un nemico? Sappiamo che saltandoci sopra lo schiacceremo. Ci sono delle punte? Sappiamo che compiendo la stessa azione ci feriremo. Il nemico ha un cappello con la punta? Non devo aggiungere altro, giusto?
La forza di Mario è il saper catapultare ogni volta il giocatore in mondi pieni di novità, ma composte da elementi leggibili per chiunque non abbia mai toccato un videogioco in vita sua. Ogni cosa si capisce a colpo d’occhio. Ogni enigma é chiaro: forse non saprai come raggiungere quella cosa, ma capisci al volo che ti manca un elemento per farlo, e la soluzione sarà lampante non appena vedrai l’elemento in questione nelle vicinanze. Ci sono centinaia di cose nascoste, ma c’è sempre qualcosa a suggerirti dove o come arrivarci: perché in quel punto c’è una sporgenza? Perché quella roccia è messa lì? Come mai il controller vibra? Cosa ci fa quel nemico in quel punto? Tutto è davanti ai nostri occhi, bisogna solo saper leggere tra le righe. Tutto è racchiuso in una “scatola”, un parco giochi a nostra disposizione pieno di cose da fare, e che ognuno di noi può approcciare a suo modo. Super Mario Odyssey è così imbottito di idee e sorprese da non concedere un secondo di pausa al giocatore, mai. Proprio come nel recente The Legend of Zelda: Breath of the Wild, nonostante il mondo di gioco sia enorme (a volte vi sentirete in imbarazzo nel dover scegliere quale strada battere per prima), ogni cosa è stata distribuita al suo interno con un’attenzione stupefacente. Ogni angolo che raggiungerete conterrà qualcosa per giustificare il fatto che siate arrivati lì. Cappy può essere lanciato sui nemici per sconfiggerli, ma anche per catturarli. Una volta indossati i panni dell’avversario di turno, non si cambia solo aspetto; ci si apre una pletora di nuove possibilità e nuovi modi di giocare. Inoltre il nostro nuovo compagno può essere usato come piattaforma per prolungare la portata dei salti, e solo questo (come si diceva prima), per molti altri giochi poteva essere da solo un elemento di gameplay sufficiente a “reggere sulle proprie spalle” l’intero titolo. Invece no: qui è solo uno dei tanti elementi nuovi che si mescolano a quelli vecchi per andare a costruire quella già citata struttura nuova ma allo stesso tempo tanto familiare. Alla fine è sempre un gioco di piattaforme; una struttura a sporgenze che si sviluppa in altezza, larghezza e profondità più o meno sempre nello stesso modo. È Mario a cambiare e a poter sfruttare lo spazio in modo sempre nuovo e differente.

Quindi è inutile scrivere una recensione di Super Mario Odyssey poiché ripropone tutto quello che chiunque abbia mai giocato ad un videogioco possa desiderare. È capace di catapultarti in un mondo fantastico in grado di stupire e strappare un sorriso anche al giocatore più scafato. È capace di essere giocato anche dall’utente più giovane ed inesperto senza per questo negare la sfida a quello più esigente. Insomma, il solito Mario degli eventi importanti: sempre nuovo e sempre lo stesso.
È inutile scrivere una recensione di Mario perché, per chi la legge, si tratta semplicemente di edonismo videoludico. Probabilmente lo avete già tutti a casa e lo state giocando, però ugualmente volete vedere cosa si dice in giro.
Non volete una descrizione, perché già sapete com’è o ci state giocando (o siete comunque intenzionati a farlo). Volete una celebrazione, una conferma di quello che già vi aspettate. Ebbene, questa lo é.

Se dovessi semplicemente e banalmente parlarvi di Super Mario Odyssey come prodotto in sé, potrei dirvi che è tecnicamente tutto al suo posto. La scelta artistico/stilistica così incoerente con il mondo Mariesco in generale è così marcata e variegata all’interno del titolo stesso da apparire ormai palesemente voluta anche se inizialmente non ci si crede tanto è avulsa dai soliti canoni (in questo sembra molto più Nintendo l’italianissimo Mario + Rabbids Kingdom Battle sviluppato da Ubisoft Milan, che quindi di Nintendo non è). Comunque tutto riesce inaspettatamente a funzionare lo stesso. Ci si sarebbe aspettati sicuramente un comparto grafico omogeneo, ed invece questa è un odissea e ogni mondo visitato ha un aspetto tutto suo, dal più realistico al più fumettoso, ma Mario – incredibilmente – non sembra mai fuori luogo (anche se io personalmente avrei preferito uno stile cartoon esteso ovunque). Alcune lacune tecniche ci sono, per quanto insignificanti: il fumo delle esplosioni, ad esempio, non è volumetrico, e questo si nota subito. Anche le trasparenze (questo non me lo spiego davvero) a cui siamo abituati quando la sagoma di Mario è coperta da qualche elemento di background, è formata da una retinatura “pixel/no pixel” simile a quella che si utilizzava oltre dieci anni fa in hardware che non avevano la capacità di generarle (il Super Nintendo e la prima PlayStation potevano ad esempio, il Sega Mega Drive ed il Sega Saturn no). La modalità due giocatori è trascurabile, i controlli sono prevalentemente studiati per i sensori di movimento, e giocando in modalità  portatile o con i Joy-Con in versione “Joypad” alcune mosse sono più macchinose da eseguire, o addirittura non si possono fare (ma questo non vi precluderà comunque di portare a termine l’avventura).

Il sonoro è composto dai tipici effetti che conosciamo e che si riconoscono anche ad occhi chiusi, e le musiche poi… un orgia di stili differenti e motivi che cambiano da un punto all’altro del livello esplorato, passando anche in chip-tune quando Mario entra in un muro riassumendo i suoi inconfondibili connotati ad 8bit. Semplici tocchi di classe che fanno l differenza. Non ci sono più le vite perché facenti parte ormai del retaggio di un mondo antico, di un passato differente che si adattava ad altre esigenze. E non parliamo di difficoltà livellata verso il basso, ma di giochi (non solo Mario, ma in generale) dove non hanno più senso da molto tempo, poiché accumularne centinaia o no, non serve più a nulla se poi una volta giunto il Game Over si ricomincia da dove si è interrotta la partita come se niente fosse. In alternativa ci vorrebbero le palle di fare come una volta (quando le vite avevano senso): una volta esaurite, insieme ad eventuali crediti limitati, basta: la partita è finita. Puoi ricominciare da capo se vuoi. Qualcosa che una volta, con titoli che giocati di fila duravano poco più di un’ora ad essere esagerati, funzionava e non risultava eccessivamente punitiva. Oggi è semplicemente impensabile, se non altro per la vastità dei mondi e la durata dei titoli che si assesta almeno sulle 5/10 ore.

Ma davanti al ritorno del Re; un ritorno di questa portata, davvero dobbiamo parlare di tecnica e di grafica? Queste sono quisquilie di fronte a tanta grazia. Dettagli curiosi che, in molti, non sono nemmeno in grado di notare. Elementi buoni per chiacchiere da bar, per chi si concentra a guardare il dito che indica e non vede la luna. Lo ripeto per l’ennesima volta: Super Mario Odyssey è Mario nella sua forma migliore, quella delle grandi occasioni. È il ritorno che ci si aspetta da lui, ma che in realtà non si osa ipotizzare così dirompente per timore referenziale. È quel Mario che arriva di prepotenza a mischiare le carte in tavola ancora una volta. Che ti prende per il naso perché dopo l’esploit dei due Super Mario Galaxy ti aspetti che sarà sempre così, ed invece no! Che ti prende per mano e ti mostra come si inventa una nuova pietra miliare, l’ennesimo esempio da seguire, non come si fa un buon gioco. Quella cosa che traccia un percorso nuovo, ridisegna tutto, ti dimostra come funziona bene e davanti a quell’evidenza così palese ti viene da ridere, perché nessuno lo aveva fatto prima anche se era tutto già lì, davanti agli occhi di tutti. Un titolo che prende la sua enorme iconografia che è ormai letteratura del medium videoludico tutto e te la sbatte in faccia citandosi, ri-citandosi e riciclandosi come solo lui può permettersi di fare perché è Mario, è più famoso di Michael Jackson e Topolino e ha inventato TUTTO: dalle stanze segrete ai warp. Il Re è tornato, la “recensione” è finita e avete letto quello che sapevate ma volevate confermato da qualcun altro. Potete tornare a giocare.

 

 

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