L’arte figurativa di Inside

Ci sono poeti ermetici e game designer ermetici. Si è disquisito in più di un occasione sul fatto che i videogiochi siano o non siano arte, e nonostante alcuni pareri illustri contrari, io non sono affatto d’accordo. Così come il cinema, anche il videogioco non deve essere considerato solo intrattenimento di serie B. Come in sala escono pellicole che certo non possono definirsi arte, anche nei videogiochi ci sono titoli di mero intrattenimento e produzioni che tramite questo medium cercano di esprimere concetti profondi toccando a volte picchi vertiginosi di qualità non solo visiva ma anche narrativa.

Inside è proprio il genere di gioco che io considero arte, e Playdead, i suoi sviluppatori dopo l’ottimo Limbo, si riconfermano artisti con questo Inside, utilizzando nuovamente uno stile riconoscibilissimo già utilizzato con il titolo precedente.

Inside racconta una storia proprio come piace a me, e proprio come i veri artisti fanno con il cinema: attraverso le immagini. Non c’è un dialogo, non esiste una sola riga di testo ne una trama scritta. Semplicemente il giocatore si trova catapultato in un contesto, e muovendosi al suo interno comincia da se a farsi un idea di dov’è, del perché e di cosa è successo. La storia viene raccontata per immagini e situazioni, ed ognuno è libero di interpretarla secondo la propria sensibilità. Ditemi voi se questa non è arte?!

Parlando “semplicemente” di cosa sia Inside dal lato prettamente ludico, vi dirò che si tratta di un “platform/adventure” dove, ai comandi di un bambino, dobbiamo farci strada in una sorta di area proibita risolvendo puzzle ambientali per poter proseguire nel gioco. Le uniche azioni a nostra disposizione sono saltare e spostare oggetti. Come già detto, chi sia il bambino e perché si trovi lì non lo sappiamo, e non lo sapremo mai. Cosa sia quel luogo e cosa stia succedendo, piano piano lo scopriremo, o meglio, ce ne faremo una nostra personale idea avanzando verso il termine. Gli enigmi sono davvero interessanti e mai ripetitivi. Poco alla volta ci vengono introdotte alcune meccaniche che non vi svelerò per non rovinarvi l’esperienza, ed a queste se ne aggiungeranno sempre di nuove, espandendo le precedenti in modo naturale. Graficamente il titolo è ispirato e ben realizzato. Gli autori ci immergono in una realtà dispotica e cupa fatta di desolazione, solitudine e morte con uno stile grafico cupo davvero accattivante, mentre la colonna sonora essenziale sottolinea alla perfezione le immagini a schermo. Pur trattandosi di un titolo molto lineare basato fondamentalmente sul trial & error (non ci sono vite, quando si muore si ricomincia semplicemente dall’ultimo check point per riprovare e capire cosa abbiamo sbagliato), Playdead non ha dimenticato di coccolare i giocatori più canonici offrendo loro una sfida nella sfida. Infatti per i maniaci completisti, all’interno del gioco sono state nascoste quattordici misteriose sfere luminose che, se trovate tutte, possono portare ad un finale alternativo, e vi assicuro che trovare più di sei/sette è una vera sfida.

Onestamente non voglio dirvi altro su questo meraviglioso esempio di videogioco e narrativa perché mi è piaciuto così tanto che anticiparvi troppo sarebbe un vero delitto, quindi mi perdonerete se questa recensione vi sembrerà poco esplicativa, ma davvero, dire di più sarebbe un peccato.

Inside è disponibile un po’ per tutte le piattaforme, a partire dai cellulari fino a questa ultima versione per Nintendo Switch, e se non lo avete già fatto, vi consiglio caldamente di giocarci. Questo è tutto.

Super Mario Party arriva ad Ottobre

Tra le sorprese che Nintendo ha presentato nel corso della sua Direct per l’E3 2018 c’è un nuovo episodio di Mario Party, che per l’occasione perde la numerazione e guadagna il suffisso “Super”. Super Mario Party sarà disponibile il 5 Ottobre di quest’anno, e fin dal trailer svela a sorpresa una caratteristica inedita di Nintendo Switch.  Come si vede chiaramente dal video infatti, affiancando due schermi, Nintendo Switch è in grado di capire come questi sono posizionati l’uno rispetto all’altro. Incredibile come a distanza di oltre un anno dal suo lancio, Nintendo Switch continui a sorprendere con trovate come questa.

https://www.youtube.com/watch?v=oAuNwjd4O-4

 

Nintendo Labo è fantasia e amore

Parliamo di Nintendo Labo e penso: Il mercato dei videogiochi è meravigliosamente assurdo e contraddittorio. È pieno di “esperti” in erba ed “analisti” difensori della giustizia. Gente che sentenzia su prodotti ludici convinta di dire una verità sacrosanta esplicitata tra l’altro per una non richiesta salvaguardia delle “povere menti” che “non si rendono conto” di essere prese per i fondelli. E non c’è modo che quando queste “vittime” del sistema replichino la loro opinione, magari strutturata, questi si rendano conto che forse non si è tutti sprovveduti come pensano: no! Loro sono dalla parte della ragione e tu no. Leggi tutto “Nintendo Labo è fantasia e amore”

Ecco il trailer dei nuovi Pokèmon per Nintendo Switch!

Nella notte Nintendo ha finalmente annunciato il trailer del nuovo Pokèmon per Nintendo Switch. La vera sorpresa però è che non si tratta del gioco principale in sviluppo e previsto entro la fine del 2019, ma di un gioco nuovo, anzi: quasi due!

Come da tradizione infatti saranno lanciati due titoli distinti che sono poi lo stesso gioco, eccezion fatta per il Pokèmon iniziale. Questa volta si tratta di: Pokèmon: let’s go, Pikachu!Pokèmon: let’s go, Evee!

Il titolo/titoli sono basati su Pokèmon giallo, e si discostano leggermente dal gioco classico, proponendo un sistema di cattura dei piccoli mostri “rubato” a Pokemon Go! con il quale il titolo è compatibile.

Inoltre con Pokèmon: let’s go, Pikachu!Pokèmon: let’s go, Evee! verrà lanciato uno speciale controller a forma di Pokèball che, come si evince dal trailer, riserva qualche simpatica sorpresa per i fans della serie.

Il lancio di Pokèmon: let’s go, Pikachu!Pokèmon: let’s go, Evee! è fissato per Novembre 2018, e non è difficile immaginare che sarà un Natale moooolto caldo per Nintendo Switch.

https://youtu.be/UnU2InYRDyA

Yooka-Laylee per Nintendo Switch ha finalmente una data

Nonostante il coloratissimo titolo sia stato creato appositamente per divertirsi in famiglia, Yooka-Laylee ha avuto parecchie difficoltà a fare breccia nel cuore dei gamer sule console Nintendo. Tuttavia tale fredda accoglienza è ormai un ricordo lontano, in quanto Playtonic ha annunciato l’uscita su Switch per il prossimo mese.

La notizia è stata accompagnata da un trailer e dalle specifiche tecniche del gioco: il platform nato da una campagna di raccolta fondi su Kickstarter conterrà tutti gli update delle console precedenti usciti nei sette mesi passati, un sistema ad obiettivi personalizzato per Switch e la possibilità di giocare tutti gli otto multiplayer game con un singolo JoyCon.

Yooka-Laylee sarà disponibile per il download diretto dall’eShop di Nintendo dal 14 dicembre, mente il pre-order sarà già possibile dal 7 dicembre.

Doom: i demoni arrivano anche su Switch

Dopo il grande trionfo su PS4, Xbox One e PC, il celebre shoot ’em up Doom arriva sulla console giapponese Nintendo SwitchSappiamo già che si tratta di un grande gioco, un capolavoro forse un pochino pesante ma non troppo. Ad occuparsi dell’adattamento su questa edizione per Switch è stato il team Button Panic, svolgendo un lavoro di tutto rispetto. 
Il gioco in sé mantiene sempre le caratteristiche classiche: violenza e brutalità come se piovesse, proprio seguendo il trend delle versioni precedenti per Xbox e PS4.
A livello tecnico, Doom viene visualizzato su Switch a 720p, una risoluzione di molto inferiore alle console maggiori, ma il gioco ne guadagna in fluidità. In ogni situazione con un frame rate a 30 fotogrammi al secondo, il videogame gira perfettamente senza intoppi sia in modalità portatile che in modalità normale.
Doom per Switch include la campagna single-player la cui durata si assesta sulle 15/20 ore; inoltre sono a disposizione tutte le opzioni di gioco e c’è ovviamente la nuova modalità Arcade. 
Con quest’ultima possiamo affrontare fin dall’inizio tutti i livelli del gioco andando a caccia del punteggio più alto, rating influenzato e dipendente dalla quantità di uccisioni messe a segno, dal tempo impiegato, dai segreti recuperati e da altri fattori che verranno conteggiati alla fine di ogni stage.
Uscito il 10 Novembre, Doom per Nintendo Switch è disponibile a €59,99 sul Nintendo eShop.

Super Mario Odyssey

Parlando di Super Mario Odyssey è inutile scrivere una recensione. Non c’è bisogno di descrivere il gioco perché tutti conoscono la grammatica ludica di Super Mario e dei platform in generale: È lui che da oltre trent’anni la scrive, la modifica e la stravolge. E nonostante i macroscopici cambiamenti che apporta ogni volta, è sempre lui, è sempre Mario, e basta un attimo per rendersene conto.

Super Mario Odyssey è proprio così: una grossa torta di compleanno (o forse in questo caso sarebbe meglio dire “di nozze”) impastata con gli ingredienti migliori di tre decenni di videogiochi che hanno impostato le regole del gameplay di tutta l’industria. Ingredienti amalgamati saggiamente, con attenzione, perizia e grande passione. Inoltre, il tutto è poi (come sempre) guarnito con una glassa totalmente nuova (Cappy), che va a creare, un’altra volta, una specialità mai vista prima; dal gusto inedito, ma nel quale ogni singolo ingrediente si riconosce sul palato. Lo chef è costantemente una Nintendo in gran forma che non ha paura di rischiare e sperimentare per portarsi a casa, ancora una volta, molto più di un primo posto. Nintendo ogni volta alza quell’asticella ideologica, quel metro di paragone con cui alla fine è inutile, tutti dovranno andare a confrontarsi. Dopo oltre tre decadi, è palese che Mario non ha mai smesso di evolversi. Idee splendide si sprecano in ogni singolo platform a lui dedicato. Idee che magari vengono appena accennate, mentre il 99% dei giochi sul mercato, di una sola di quelle meccaniche ne farebbero il fulcro di tutto. Idee brillanti che da un capitolo all’altro vengono buttate come nulla fosse per far spazio ad altre nuove e poi ritornare dopo anni con la stessa freschezza di quel che non si è mai visto e la nonchalance di chi è sempre stato lì.

Questo è Super Mario Odyssey: un gioco completamente nuovo, ma che ti fa sentire a casa appena prendi in mano il controller. Un gioco inedito, ma che in fondo conosci già. Un gioco che sai essere Mario – spruzza Mariosità da ogni pixel – ma poi ti stupisce sempre perché quella cosa proprio non te l’aspettavi! Nemmeno questa è una novità, perché ormai Nintendo fa così da anni. Eppure, ogni meravigliosa volta, i suoi giochi sono diversi nonostante siano sempre riconoscibili e fedeli a loro stessi.
Quindi perché dovrei descrivervi Super Mario Odyssey? Dai trailers si è visto già abbastanza. Il canovaccio è sempre quello: Bowser rapisce Peach, Mario va a salvarla.

Qualche anno fa fu lo Splac 3000 a fare da corredo, poi fu il turno degli sfavillotti e la gravità, i costumi da ape, da gatto, i nuovi poteri. Tutte cose che non cambiano solo l’abito al nostro italico beniamino, ma che ogni volta aggiungono qualcosa, ed è sempre qualcosa di differente. Mario Ape non vola o si manovra nella stessa maniera di Mario con il mantello di Super Mario World, e Mario procione in aria si comporta ancora diversamente del Mario che indossa il cappello con le ali di Mario 64. Oggi possiamo lanciare Cappy, ed anche questa meccanica richiede molto di più del premere un pulsante o dare un colpo di Joy-Con. Una piccola aggiunta che cambia tutto all’interno di quella struttura che è sempre la stessa. C’è un nemico? Sappiamo che saltandoci sopra lo schiacceremo. Ci sono delle punte? Sappiamo che compiendo la stessa azione ci feriremo. Il nemico ha un cappello con la punta? Non devo aggiungere altro, giusto?
La forza di Mario è il saper catapultare ogni volta il giocatore in mondi pieni di novità, ma composte da elementi leggibili per chiunque non abbia mai toccato un videogioco in vita sua. Ogni cosa si capisce a colpo d’occhio. Ogni enigma é chiaro: forse non saprai come raggiungere quella cosa, ma capisci al volo che ti manca un elemento per farlo, e la soluzione sarà lampante non appena vedrai l’elemento in questione nelle vicinanze. Ci sono centinaia di cose nascoste, ma c’è sempre qualcosa a suggerirti dove o come arrivarci: perché in quel punto c’è una sporgenza? Perché quella roccia è messa lì? Come mai il controller vibra? Cosa ci fa quel nemico in quel punto? Tutto è davanti ai nostri occhi, bisogna solo saper leggere tra le righe. Tutto è racchiuso in una “scatola”, un parco giochi a nostra disposizione pieno di cose da fare, e che ognuno di noi può approcciare a suo modo. Super Mario Odyssey è così imbottito di idee e sorprese da non concedere un secondo di pausa al giocatore, mai. Proprio come nel recente The Legend of Zelda: Breath of the Wild, nonostante il mondo di gioco sia enorme (a volte vi sentirete in imbarazzo nel dover scegliere quale strada battere per prima), ogni cosa è stata distribuita al suo interno con un’attenzione stupefacente. Ogni angolo che raggiungerete conterrà qualcosa per giustificare il fatto che siate arrivati lì. Cappy può essere lanciato sui nemici per sconfiggerli, ma anche per catturarli. Una volta indossati i panni dell’avversario di turno, non si cambia solo aspetto; ci si apre una pletora di nuove possibilità e nuovi modi di giocare. Inoltre il nostro nuovo compagno può essere usato come piattaforma per prolungare la portata dei salti, e solo questo (come si diceva prima), per molti altri giochi poteva essere da solo un elemento di gameplay sufficiente a “reggere sulle proprie spalle” l’intero titolo. Invece no: qui è solo uno dei tanti elementi nuovi che si mescolano a quelli vecchi per andare a costruire quella già citata struttura nuova ma allo stesso tempo tanto familiare. Alla fine è sempre un gioco di piattaforme; una struttura a sporgenze che si sviluppa in altezza, larghezza e profondità più o meno sempre nello stesso modo. È Mario a cambiare e a poter sfruttare lo spazio in modo sempre nuovo e differente.

Quindi è inutile scrivere una recensione di Super Mario Odyssey poiché ripropone tutto quello che chiunque abbia mai giocato ad un videogioco possa desiderare. È capace di catapultarti in un mondo fantastico in grado di stupire e strappare un sorriso anche al giocatore più scafato. È capace di essere giocato anche dall’utente più giovane ed inesperto senza per questo negare la sfida a quello più esigente. Insomma, il solito Mario degli eventi importanti: sempre nuovo e sempre lo stesso.
È inutile scrivere una recensione di Mario perché, per chi la legge, si tratta semplicemente di edonismo videoludico. Probabilmente lo avete già tutti a casa e lo state giocando, però ugualmente volete vedere cosa si dice in giro.
Non volete una descrizione, perché già sapete com’è o ci state giocando (o siete comunque intenzionati a farlo). Volete una celebrazione, una conferma di quello che già vi aspettate. Ebbene, questa lo é.

Se dovessi semplicemente e banalmente parlarvi di Super Mario Odyssey come prodotto in sé, potrei dirvi che è tecnicamente tutto al suo posto. La scelta artistico/stilistica così incoerente con il mondo Mariesco in generale è così marcata e variegata all’interno del titolo stesso da apparire ormai palesemente voluta anche se inizialmente non ci si crede tanto è avulsa dai soliti canoni (in questo sembra molto più Nintendo l’italianissimo Mario + Rabbids Kingdom Battle sviluppato da Ubisoft Milan, che quindi di Nintendo non è). Comunque tutto riesce inaspettatamente a funzionare lo stesso. Ci si sarebbe aspettati sicuramente un comparto grafico omogeneo, ed invece questa è un odissea e ogni mondo visitato ha un aspetto tutto suo, dal più realistico al più fumettoso, ma Mario – incredibilmente – non sembra mai fuori luogo (anche se io personalmente avrei preferito uno stile cartoon esteso ovunque). Alcune lacune tecniche ci sono, per quanto insignificanti: il fumo delle esplosioni, ad esempio, non è volumetrico, e questo si nota subito. Anche le trasparenze (questo non me lo spiego davvero) a cui siamo abituati quando la sagoma di Mario è coperta da qualche elemento di background, è formata da una retinatura “pixel/no pixel” simile a quella che si utilizzava oltre dieci anni fa in hardware che non avevano la capacità di generarle (il Super Nintendo e la prima PlayStation potevano ad esempio, il Sega Mega Drive ed il Sega Saturn no). La modalità due giocatori è trascurabile, i controlli sono prevalentemente studiati per i sensori di movimento, e giocando in modalità  portatile o con i Joy-Con in versione “Joypad” alcune mosse sono più macchinose da eseguire, o addirittura non si possono fare (ma questo non vi precluderà comunque di portare a termine l’avventura).

Il sonoro è composto dai tipici effetti che conosciamo e che si riconoscono anche ad occhi chiusi, e le musiche poi… un orgia di stili differenti e motivi che cambiano da un punto all’altro del livello esplorato, passando anche in chip-tune quando Mario entra in un muro riassumendo i suoi inconfondibili connotati ad 8bit. Semplici tocchi di classe che fanno l differenza. Non ci sono più le vite perché facenti parte ormai del retaggio di un mondo antico, di un passato differente che si adattava ad altre esigenze. E non parliamo di difficoltà livellata verso il basso, ma di giochi (non solo Mario, ma in generale) dove non hanno più senso da molto tempo, poiché accumularne centinaia o no, non serve più a nulla se poi una volta giunto il Game Over si ricomincia da dove si è interrotta la partita come se niente fosse. In alternativa ci vorrebbero le palle di fare come una volta (quando le vite avevano senso): una volta esaurite, insieme ad eventuali crediti limitati, basta: la partita è finita. Puoi ricominciare da capo se vuoi. Qualcosa che una volta, con titoli che giocati di fila duravano poco più di un’ora ad essere esagerati, funzionava e non risultava eccessivamente punitiva. Oggi è semplicemente impensabile, se non altro per la vastità dei mondi e la durata dei titoli che si assesta almeno sulle 5/10 ore.

Ma davanti al ritorno del Re; un ritorno di questa portata, davvero dobbiamo parlare di tecnica e di grafica? Queste sono quisquilie di fronte a tanta grazia. Dettagli curiosi che, in molti, non sono nemmeno in grado di notare. Elementi buoni per chiacchiere da bar, per chi si concentra a guardare il dito che indica e non vede la luna. Lo ripeto per l’ennesima volta: Super Mario Odyssey è Mario nella sua forma migliore, quella delle grandi occasioni. È il ritorno che ci si aspetta da lui, ma che in realtà non si osa ipotizzare così dirompente per timore referenziale. È quel Mario che arriva di prepotenza a mischiare le carte in tavola ancora una volta. Che ti prende per il naso perché dopo l’esploit dei due Super Mario Galaxy ti aspetti che sarà sempre così, ed invece no! Che ti prende per mano e ti mostra come si inventa una nuova pietra miliare, l’ennesimo esempio da seguire, non come si fa un buon gioco. Quella cosa che traccia un percorso nuovo, ridisegna tutto, ti dimostra come funziona bene e davanti a quell’evidenza così palese ti viene da ridere, perché nessuno lo aveva fatto prima anche se era tutto già lì, davanti agli occhi di tutti. Un titolo che prende la sua enorme iconografia che è ormai letteratura del medium videoludico tutto e te la sbatte in faccia citandosi, ri-citandosi e riciclandosi come solo lui può permettersi di fare perché è Mario, è più famoso di Michael Jackson e Topolino e ha inventato TUTTO: dalle stanze segrete ai warp. Il Re è tornato, la “recensione” è finita e avete letto quello che sapevate ma volevate confermato da qualcun altro. Potete tornare a giocare.

 

 

MARIO + RABBIDS KINGDOM BATTLE

Annunciato durante l’E3 2017 e più precisamente come gioco d’apertura di Ubisoft: Mario + Rabbids Kingdom Battle venne sommerso da un mare di applausi, complice anche l’entrata a sorpresa del leggendario Shigeru Miyamoto, lì per presenziare al nuovo, straordinario e folle cross over tra l’universo di Super Mario e quello dei Rabbids.
Un simile matrimonio poteva banalmente cadere nel genere party o  platform, invece il team di Ubisoft Milano capitanato da Davide Soliani, con una mossa assai coraggiosa, mostrò agli occhi del mondo uno strategico che, in casa Nintendo, si allontana dalla visione di Fire Emblem e abbraccia la filosofia di XCOM.
La realtà dei fatti è che Mario + Rabbids Kingdom Battle è un progetto fatto con amore da un team che non ha mai nascosto la propria ammirazione verso la grande N, tanto che il nostro connazionale Davide Soliani, lusingato dalle parole di Shigeru Miyamoto, durante l’evento si commosse, mettendo a nudo tutta la sua passione e il suo impegno verso l’arte videoludica.
Al termine della conferenza di Ubisoft, la gente intervistata spese solo parole d’ammirazione verso un progetto che da lì a pochissimo tempo si sarebbe portato a casa sia il consenso del pubblico, sia premi importanti come “Miglior strategico” e “Miglior gioco originale”.
Davide Soliani e il team di Ubisoft Milano non solo avevano fatto centro, ma erano riusciti in un’impresa a dir poco titanica: Presentare un gioco dove apparisse il mondo di Super Mario senza che dietro il progetto ci fosse Nintendo, ma con lo stesso spirito e con le stesse scelte artistiche che avrebbero fatto Miyamoto & CO.

Conigli nel Regno dei Funghi

Senza soffermarsi più di tanto sulla storia, vi basti sapere che il noto Regno dei funghi viene invaso dai Rabbids a causa di un surriscaldamento del casco CombinaTutto, inventato da una giovane ragazza (non c’è dato sapere chi sia esattamente) fanatica di Nintendo.
Al termine del lungo filmato introduttivo, Mario, insieme a Rabbid Peach e Rabbid Luigi verranno letteralmente scortati da un’intelligenza artificiale che prende il nome di Beep-0, la quale non solo ci aiuterà ad imparare le basi del gioco ma servirà come sorta di “guida turistica” all’interno dei quattro mondi che compongono l’ormai rivoluzionato Regno dei Funghi.
Ognuno di questi quattro mondi sarà suddiviso in capitoli, mentre l’HUB principale ha come scenario i dintorni del castello della principessa Peach, dove potremmo acquistare nuove armi o spendere i Punti Abilità ottenuti faticosamente durante il corso della nostra avventura. Inoltre è possibile prendere parte ad una sessione Online insieme ad un amico ed affrontare scenari che non sono presenti nella campagna principale.
Se qualcuno di voi pensa che Mario + Rabbids Kingdom Battle sia un gioco dalle meccaniche poco curate si sbaglia di grosso. Il folle cross over si poggia su basi di gameplay solidissime, strizzando l’occhio a XCOM ma rivoluzionandone il sistema rendendolo così unico.
Il gioco tende ad ingannare solo nelle prime fasi di gioco, dove si ha la sensazione di venir presi a “ braccetto” per far si che anche il giocatore meno esperto nel genere degli strategici si possa trovare subito a proprio agio. Superato il momento di apprendimento, Mario + Rabbids Kingdom Battle mostra la sua vera natura dimostrando quanto un singolo errore possa portare alla sconfitta del proprio team. Sarà quindi necessario affrontare le varie battaglie variando molto sia la nostra strategia, sia cambiando i personaggi a nostra disposizione.
A tal proposito, spero che nessuno di voi abbia un particolare odio verso l’idraulico di Nintendo, perché Mario sarà l’unico personaggio che non può essere cambiato nel party composto quindi da altri due personaggi.
Tra una battaglia e l’altra ci sono piccole fasi di esplorazione e semplici enigmi ambientali che fungono per raccogliere tutti i collezionabili del gioco e per spezzare il ritmo del gameplay, dando un’ulteriore prova dell’unicità di Mario + Rabbids Kingdom Battle.

 

L’arte secondo i Rabbids

Tutto ciò che circonda Mario + Rabbids Kingdom Battle è avvolto da un’aura artistica impeccabile. Il gioco sprizza energia da tutti i pori, con colori accesi e sgargianti in puro stile Nintendo, e con la medesima cura che si trova solamente nei giochi della casa di Kyoto.
Gli scenari, sempre diversi da un mondo all’altro, presentano picchi molto alti di design, facendo sì che il giocatore sia sempre curioso di esplorare ogni piccola porzione di mappa, visto che nulla è lasciato al caso.
Il character design dei nemici si sposa perfettamente con il mondo che staremo affrontando, con sensazionali battaglie contro i Mid Boss ( nemici più forti di quelli comuni), e boss veri e propri che dovremo battere alla fine di ogni capitolo.
Per arricchire ulteriormente l’offerta videoludica che ci propone Ubisoft Milano, in Mario + Rabbids Kingdom Battle potremo collezionare: bozzetti disegnati dagli stessi sviluppatori, armi segrete che saranno molto utili per affrontare le sfide più ostiche, capitoli segreti che verranno sbloccati grazie ad una particolare abilità appresa durante la storia principale, action figures dei vari personaggi, ed infine, i cd musicali.
Collezionare tutto sarà un’ardua sfida ed inoltre si presenterà ancora qualche piccola sorpresa che non sarò di certo io a rovinarvi togliendovi il piacere della scoperta.
Dietro una direzione artistica quasi impeccabile e un gameplay degno dei migliori tattici, c’è un ulteriore punto a favore che rende Mario + Rabbids Kingdom Battle un gioco quasi perfetto in tutti gli aspetti: la colonna sonora. Dietro le splendide melodie che accompagnano il mondo di gioco c’è il maestro Grant Kirkhope, noto per aver composto le colonne sonore per numerosi giochi Rare, uno su tutti l’intramontabile Banjo – Kazooie.
Se si vuole trovare il pelo nell’uovo, Mario + Rabbids Kingdom Battle soffre di leggeri cali di frame in alcune zone di gioco, cosa per altro molto strana visto che il titolo gira a 30 fps anche se poteva tranquillamente elevarsi fino a 60fps.
La narrazione non è certo il punto focale del gioco, infatti non andremo mai incontro a dialoghi profondi o situazioni “contorte”, ma ci sono comunque piacevolissimi colpi di scena ed esilaranti scenette che strappano il sorriso più di una volta.
Sicuramente Mario + Rabbids Kingdom Battle era partito per essere un gioco di contorno, forse per ingannare l’attesa che separa dal promettente Super Mario Odyssey, ma l’ultima fatica di Ubisoft si rivela un vero e proprio gioiello, ribaltando tutti i pronostici e i dubbi che si era portato dietro anche dopo la presentazione in pompa magna dell’E3 2017, diventando la più gradita sorpresa dell’anno.

ARMS – Recensione

Un ring, tre round e un avversario da mettere al tappeto. A prima vista ci sarebbero pochi dubbi sul fatto che ARMS sia a tutti gli effetti un picchiaduro, eppure la nuova proprietà intellettuale di Nintendo, esattamente come Splatoon, è talmente fuori dagli schemi che si fa fatica a inquadrarla in un unico genere. Anche il producer del gioco, Kosuke Yabuki, risultò impacciato nel tentativo di spiegare per la prima volta cosa lo rendesse differente da ogni picchiaduro.
Durante la presentazione di Switch lo descrisse come “un combattimento dove si fa a pugni come nella boxe ma si prende la mira e si spara come in uno shooter”.
Il bello di ARMS è che si dimostra un picchiaduro unico, diverso, che fa storia a sé, lontanissimo da titoli quali i recenti Tekken 7 e Injustice 2. Un po’ per le meccaniche di base assolutamente particolari, un po’ per la gestione degli spazi dalla tridimensionalità (le arene presentano dislivelli, salti e ostacoli al limite del genere platform).
ARMS è un gioco multiplayer il cui scopo è colpire l’avversario con sproporzionati guantoni attaccati all’estremità di due braccia allungabili che hanno l’aspetto di molle, nastrini e spaghetti in base al personaggio da noi selezionato.
L’ultima fatica di Nintendo è insomma l’ennesima risposta secca e decisa a chi afferma che la casa di Kyoto sia bloccata da decenni sugli stessi brand e che abbia ormai perso la capacità di creare nuove proprietà intellettuali.

Braccia estendibili, divertimento garantito

Nelle modalità classiche, il fulcro del gioco è quello di colpire con i propri pugni estensibili l’avversario, mentre ci si sposta per il ring, saltellando o evitando i colpi con un dash frontale o laterale per poi contrattaccare. Tra colpi dati e subiti, andrà a riempirsi la barra dedicata alla super mossa che, una volta piena, permetterà di scatenare una raffica di diretti sull’avversario.
Dietro a queste semplici meccaniche troviamo però tanti altri elementi che insieme vanno a costituire quella profondità tipica dei picchiaduro più tecnici del genere. Se pensate di giocare ad ARMS sferrando colpi in maniera del tutto casuale, vi ritroverete K.O. in pochissimo tempo.
I giocatori che vorranno lanciarsi nelle sfide online, dedicarsi alle partite classificate, oppure semplicemente sfidare l’intelligenza artificiale a livelli di difficoltà che raggiungono picchi inimmaginabili, si troveranno a mettere da parte i due Joy-Con ed impugnare il Pro Controller, che garantisce una precisione maggiore in molti frangenti. Per quanto ARMS sia godibile anche con i sensori di movimento, la precisione e il tempismo che il picchiaduro di Nintendo richiede, rendono improbabili le vittorie online ad alti livelli.


In ARMS non possiamo sferrare pugni rapidamente, ma dobbiamo invece calibrare ogni attacco e sentirne il peso mentre il pugno attraversa il ring e si appoggia solido e pesante colpendo avversario.
Una volta che il pugno è partito possiamo modificarne la traiettoria per inseguire un nemico in schivata o intercettare i suoi colpi in volo, così da farli cadere e preparare il contrattacco. Ma attenzione: perché ogni volta che sferriamo un colpo siamo scoperti anche noi, ed allora è tutto un ballo di pugni, schivate e salti aspettando l’errore altrui da sfruttare per un rapido uno-due o una presa.

Pugni di ferro

Il roster composto da dieci personaggi, ognuno ampiamente caratterizzato tanto nell’aspetto quanto nelle abilità, va a coprire un’importante fetta della varietà di approcci possibili in partita. Ninjara scomparendo e ricomparendo durante il dash in volo, manda totalmente a vuoto i colpi nemici e risulta adatto per i giocatori che prediligono movimenti più tattici; Ribbon Girl può saltare fino a cinque volte di fila risultando il personaggio perfetto per gli amanti del combattimento aereo; Helix, invece, può evitare i colpi spostandosi e schiacciandosi su sè stesso.
Nessuno dei personaggi presenti in ARMS può facilmente essere definito il più forte, anche se indubbiamente alcune abilità sono in grado di regalare benifici più nell’immediato, come per esempio, quella di Ribbon Girl.
Le arene attualmente disponibili sono pensate per accentuare la mobilità dei combattenti ed escogitare determinate strategie: gli scenari più piccoli rendono quasi inutili le armi dalla distanza, altri hanno trampolini su cui saltare o colonne dietro cui proteggersi. Di tanto in tanto appaiono degli oggetti che permettono di rigenerare la salute o l’indicatore dell’attacco speciale e che aggiungono un po’ di imprevedibilità al match (ma che fortunatamente possono essere disattivati se si preferisce uno scontro senza aiuti).
Le armi possono essere sbloccate e utilizzate con qualsiasi personaggio. Sarà possibile sperimentare un’enorme quantità di combinazioni, alla ricerca di quella che meglio si adatta al proprio stile oppure che meglio bilancia i punti deboli del proprio personaggio.
Lascia invece perplessi il modo in cui vanno sbloccate queste armi. Ogni volta che si vince un match si ricevono delle monete da spendere all’interno del “Palio delle Armi”, un minigioco in cui si possono ottenere nuovi equipaggiamenti, ma ma completamente a caso. Se dovesse uscire un doppione, l’arma in questione si trasforma nella sua versione “Plus”, pressoché identica ma in grado di causare più danni.
Considerando che le armi a disposizione sono già un buon numero e, come successo con Splatoon, verranno aggiunte ogni mese gratuitamente insieme ad un nuovo personaggio/arena/modalità, le probabilità di annoiarsi saranno pressoché nulle.
Oltre ai classici match personalizzabili, reperibili tramite la voce del menù Versus, affronteremo anche altre modalità di gioco: Pallavolo, Basket, Tiro al Bersaglio e La Sfida dei 100.
A continuare la carrellata di modalità a disposizione, potremo affinare la tecnica nelle due sezioni dedicate “Prova Armi” e “Allenamento”, ma la vera gavetta della modalità giocatore singolo, la faremo sicuramente con il Gran Torneo, ovvero la modalità “Arcade” che risulterà un contentino e una preparazione per i veri match online classificati.
Una volta scelto il personaggio e il livello di difficoltà, troviamo ad aspettarci dieci incontri, tra match classici e i minigiochi sopracitati, al cui termine troveremo una sfida con il boss finale, Max Brass.
Per quanto riguarda la grafica bisogna dire che l’azione di gioco è quasi sempre molto leggibile, cosa fondamentale quando si inizia a prendere confidenza con le animazioni e si è in grado di prevedere le mosse dell’avversario per far partire la nostra risposta con il giusto tempismo. Anche sul fronte dell’audio si rimane piacevolmente soddisfatti dal solito mix di versetti e da un accompagnamento musicale a metà tra il funky e le atmosfere brasiliane